Io e me stessa

di Alessia Miriam Partenie


Le strade: alcune sono molto trafficate altre meno, possono essere illuminate o buie, asfaltate o piene di buche. Ognuno di noi intraprende continuamente nuove strade. C'è chi prenderà sempre strade giuste, chi solo strade sbagliate oppure chi si perderà. Io ho sempre percorso la mia strada più o meno felicemente, ma poi è successo all'improvviso che mi sono persa, ritrovandomi su un’altra strada che ancora oggi sto percorrendo. Questa strada ha un nome preciso: disturbi alimentari. Non starò qui raccontare i minimi dettagli, perché sono dell’idea che certi momenti è meglio tenerseli per sé e non condividerli con il mondo intero. Non ricordo esattamente il giorno in cui smisi di mangiare, di quel periodo ricordo poco, probabilmente era verso Gennaio.

Non ero felice, ero insoddisfatta di me stessa, niente stava andando come volevo che andasse. Ero fortemente convinta che se fossi stata magra allora sarei stata felice, anche se poi non è stato così; più andavo avanti più volevo dimagrire, non ne avevo mai abbastanza. Iniziai così a togliere dalla dieta un po’ alla volta gli alimenti troppo calorici, pieni di grassi e di zuccheri. Poi scoprii un’app dove giornalmente potevo inserire le calorie che introducevo e quelle che consumavo con gli infiniti esercizi che facevo ogni giorno. Mi ero prefissata un numero: 400 calorie, oltre non potevo, non riuscivo ad andare. Le mie giornate per 4 mesi si sono svolte sempre allo stesso modo: sveglia, colazione non più di 100 calorie, scuola, pranzo 150 calorie, studio, allenamento per poter bruciare tutte quelle calorie, per me inutili, introdotte, cena 150 calorie.

Ogni giorno, sempre la stessa storia. Pensavo continuamente a cosa e a quanto mangiare, a scuola, in autobus, ogni momento era buono per contare calorie e decidere ogni mio pasto. Tutto era programmato, niente era fuori posto. Tutto questo, il riuscire, il poter controllare un aspetto così fondamentale della vita, la nutrizione, mi faceva stare bene, mi faceva sentire forte, invincibile, perché dopotutto era l’unica cosa della mia vita che riuscivo a controllare. Io potevo dire di no, potevo rifiutare il cibo che ben presto divenne un nemico con cui ancora oggi continuo a lottare. Molti definiscono l’anoressia come una voce nella testa, per me invece era una vera e propria persona che per un periodo di tempo ha preso il mio posto, era come se io non fossi più io e, in effetti, era proprio così. Come ho già detto, non ho ricordi ben precisi, ma rammento come se fosse ieri il momento in cui mi sono accorta che forse qualcosa non andava. Era fine maggio, avevo appena finito di fare la doccia, così andai in camera mia per vestirmi; per caso mi guardai allo specchio e per la prima volta mi spaventai del mio aspetto: non vedevo più quella bambina spensierata che mangiava tutto quello che voleva senza problemi e restrizioni, vedevo solo ossa e il mio sguardo perso.

Dal quel giorno è iniziato un nuovo percorso, il più difficile; sono stati momenti duri che ho affrontato con orgoglio, perché in qualche modo mi hanno cambiata e di questo sono grata: ridiventare padroni di se stessi. Non si decide di diventare anoressici, ma soprattutto anoressia non vuol dire essere magri, è una malattia mentale che va ben oltre l’aspetto fisico. L’anoressia semplicemente arriva e diventa l’unica tua amica, l’unica su cui tu possa contare. L’anoressia mi ha tolto tanto, l’amore verso me stessa prima di tutto, verso i miei amici e verso la mia famiglia. Ho trattato male qualsiasi persona che diceva di interessarsi a me, ho trattato male la mia famiglia, ho visto le loro facce deluse che si chiedevano il perché. Sono profondamente dispiaciuta di ciò. Mi ha tolto la mia femminilità, non mi sentivo neanche più una persona. Però l’anoressia mi ha anche insegnato molto, più di quanto potessi credere. Mi ha insegnato che io valgo, che sono molto più forte di quanto pensassi perché tutto questo l’ho affrontato da sola.

Quando digiunavo, quando ero stremata per gli infinite esercizi, quando tremavo per il freddo, quando mi insultavo, quando mi abbuffavo, c’ero solo e solamente io. Mi ha insegnato a credere in me stessa a far valere i miei pensieri e quella che sono, senza cambiare per nessuno, solo per me. Mi ha insegnato che nella vita non si può, non si deve essere sempre perfetti. Ancora oggi ho qualche problema con il cibo e con il mio corpo, non ho ancora superato tutto, ma so di essere sulla buona strada. Ora non mi sento più così sola, ho delle persone che so che mi vogliono bene, ma tra tutte la più importante sono io perché, dopo 16 difficili anni, ho imparato a contare su me stessa, a perdonare i miei errori, a imparare da essi e ad amare le mie imperfezioni. Ecco, io ad oggi non ho ancora trovato la luce in fondo a questa strada, ma so che sto per raggiungere quella libertà, quella pace a cui aspiro da anni e quella felicità che credo almeno un po’ di meritarmi, anzi so di meritarmi.