Le mie strade

di Daniele Calderan


Questa è la storia di Daniele, un ragazzo che vive in una piccola cittadina del Nord Italia; come lo so? Io vivo con lui... in realtà dentro di lui: sono il suo cervello. La nostra è una convivenza a dir poco forzata, io ho bisogno di lui per vivere e viceversa; preferisco considerarci “colleghi”. È molto difficile convivere con Daniele, molto spesso fa l’esatto contrario di quello che gli ordino, è molto distaccato da me, sembra quasi che gli provochi fastidio e rabbia ascoltarmi.

Ma non è sempre stato così. La nostra storia iniziò quasi diciotto anni fa, il 22 dicembre 2001; quel giorno ormai lontano alle 23,50 siamo nati. All’epoca le nostre conversazioni erano composte per lo più da pochi versi ripetitivi e senza significato; le decisioni più importanti le prendeva nostra madre, d’altronde non ero ancora abbastanza sviluppato.

I primi ricordi di noi due insieme sono di quando andavamo all’asilo, che bei tempi! Niente impegni né responsabilità, l’unica preoccupazione era quella di divertirsi. Mi ricordo ancora il nostro gioire quando arrivava l’ora del disegno: non per vantarci, ma eravamo veramente bravi, attenti ai dettagli e oltremodo minuziosi. Disegni molto particolari per un bambino della sua età, lo notarono anche i nostri insegnanti e genitori. Da quel momento, grazie al loro aiuto, ci siamo diretti verso la strada del disegno che percorriamo tutt’ora, anche se molto meno frequentemente.

Arrivarono poi le elementari, il periodo delle prime vere amicizie; eravamo abbastanza selettivi ed è stato difficile farsi degli amici ma con un po’ di lavoro e pazienza ci siamo riusciti e, a quanto pare, abbiamo scelto bene, visto che Daniele anche ora esce con loro. In contemporanea alla scuola, ci siamo iscritti a nuoto, ma non faceva per noi e quindi abbiamo intrapreso la classica via del calcio che ci ha accompagnati per una decina d’anni, tra alti e bassi.

I problemi tra noi due cominciarono alle medie; certi suoi atteggiamenti stavano cambiando, ma all’epoca non ci feci caso. Quello era anche il periodo delle tentazioni, quando i ragazzi vogliono provare cose nuove e spesso proibite. Ma fortunatamente non ci siamo lasciati portare su brutte strade: una presa di posizione che ci fece perdere degli amici ma che ritengo giusta. Arrivò poi il momento della decisione più importante della nostra vita; sino a quel momento era stata come un fiume, per lo più lineare con qualche affluente qua e là, ma ora eravamo arrivati alla foce, un delta così diramato che in un primo momento ci trovammo spiazzati. Dopo attente riflessioni scegliemmo l’Istituto Commerciale “Alberti”, dove abbiamo incontrato centinaia di persone mai viste prima, con le quali abbiamo instaurato ottimi rapporti. Ormai era fatta, la scelta era irreversibile.

Da quel momento in poi, però, noi due ci siamo staccati molto, purtroppo; mi ripete continuamente di stare zitto, che preferisce non pensare. Non riesce più ad esternare se stesso e, di conseguenza, neppure me. Si adatta, ma l’intelligenza non è adattamento, se l’adattamento è fare scempio di sé, come canta MezzoSangue, un famoso cantante che ha aiutato Daniele nei momenti bui. Da tempo egli ha scelto di non scegliere, la soluzione più semplice ma non la migliore. Questa decisione lo ha scaraventato in un pozzo di apatia apparentemente senza fine, il quale gli ha fatto smarrire la via. Non so ancora cosa abbia causato tutto ciò, se solo lo sapessi...

Ricordando la teoria del “butterfly effect”, nulla capita per caso; ogni singola azione, anche la più piccola ed insignificante, può averlo condotto in questa situazione, alla ricerca della sua strada. Spero solo che un giorno non molto lontano torni ad ascoltarmi. Spero che finalmente Daniele ritorni a scegliere di scegliere e che ricominci a vivere.