Le strade di Lupo

di Diego Ponzin


L’avevo seguito con tenacia e prudenza, doti da cacciatore. Accarezzai la pistola munita di silenziatore, uscii dalla macchina e mi avvicinai tenendo in mano una mappa della città. L’uomo armeggiava con il telefonino e, se stava scrivendo a lei, il castigo si sarebbe abbattuto con tempismo. Gli mostrai la mappa con aria smarrita e appena il finestrino si abbassò sparai due colpi. Mi fissò, mentre il corpo era mosso da contrazioni, ed io scandivo la frase rituale: dovevi stare alla larga da ciò che non è tuo. Con il cuore impazzito tornai alla macchina, estrassi il libriccino nero e barrai il terzo nome. Poi presi il telefono e scrissi alla mia amica segreta, che acconsentì ad incontrarci. La presi pensando ad un’altra, e lei ricambiò, ignara di tutto. Mi disse, mentre eravamo rilassati, che avevo uno sguardo da lupo.

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La donna entrò, assieme al legale e ad un funzionario verbalizzante, per l’interrogatorio di garanzia, che serviva a convalidare l’arresto. Il magistrato alzò gli occhi dalla scrivania e diede inizio ai suoi guai. “Lei è indagata per l’omicidio di tre uomini. Ha facoltà di non rispondere, quello che dice potrebbe essere usato nel procedimento”. “Risponderò”. “Veramente le mie raccomandazioni erano diverse!” disse l’avvocato. Lei lo ignorò e guardò il magistrato, abbozzando un sorriso malizioso e incoraggiante. Era vestita semplicemente, con jeans e maglietta, ma ostentava la postura e il distacco di una persona sofisticata. “Bene, procediamo. Tre uomini - e ne pronunciò i nomi – sono stati uccisi nell’arco di un anno, in auto, con due colpi di pistola alla testa - lei si mosse nervosamente – li conosceva?” “Sì”. “Le risulta che si conoscessero fra loro?” “No, li ho incontrati lavorando in situazioni e città diverse”. “Cosa fa?” “La modella”. “Come definirebbe i vostri rapporti?” La donna esitò e guardò l’avvocato, che fece un gesto come a dire te la sei cercata. “Ho avuto una relazione con il primo”. “E gli altri due?” “Li ho frequentati dopo, come amici”. “Amici? La cronologia coincide con i delitti – disse il magistrato - lei ha avuto con i tre un intenso scambio di telefonate e messaggi. Poi gli omicidi”. “Entrambi ad un certo punto mi hanno fatto la corte, ma non ero pronta a nuove storie, e ho saputo della loro morte dai giornali”. “Cos’ha pensato?” “L’opinione della mia assistita sui delitti non è rilevante” si inserì il legale. Il magistrato emise un sospiro di pazienza. “Torniamo al primo. Sapeva che era sposato?” “Me l’aveva detto. Per quanto riguarda l’altra domanda, quando ho letto degli omicidi mi sono spaventata”. “Mi parli della vostra relazione”. “Una storia importante”. Si massaggiò lievemente le tempie, chissà se per rivivere o rimuovere i pensieri. “Perché è finita?” “Era incapace di lasciare moglie e figli. Non sono interessata al ruolo di amante, avevo già provato l’esperienza con Lupo”. “Lupo?” “Il soprannome della persona che frequentavo fino a due anni fa”. Sembrò pentita di averlo rivelato. “Aveva rivisto il primo uomo?” “No. Per qualche settimana mi ha mandato messaggi, ai quali non rispondevo”. “Dove si trovava le sere degli omicidi?” Il magistrato lesse le date sul rapporto. “È passato del tempo... per la seconda e terza data non ho ricordi. La sera del primo omicidio invece ho fatto una sfilata”. “Dovrà indicarci dei testimoni”.

“Ne troverà quanti vuole… e può fare subito una verifica”. “La mia assistita sta gestendo questo interrogatorio in modo inappropriato” disse l’avvocato, spazientito. “Non ho nulla da nascondere”. Il tono era glaciale. “Diceva?” chiese il magistrato. La voce della donna lo colpiva. “Alcune riprese sono su YouTube, con orari e date. Se ha il computer acceso...” “Certo... cosa devo cercare?” Lei sembrò a disagio, forse per un pensiero che non aveva considerato. Poi fece le spallucce. “Digiti il nome dell’agenzia – e lo pronunciò - c’è la data che le interessa”. Sembrava sorvolare la realtà senza esserne coinvolta. Il video cominciava con il marchio dei prodotti che avrebbero sfilato. Poi l’obiettivo si concentrava sull’ingresso delle modelle, e il magistrato dovette controllare la sorpresa. Si trattava di una sfilata di abbigliamento intimo. I presenti lo osservarono, e lui fissava lo schermo. Lei apparve. Si fermò un attimo, le braccia lungo i fianchi, poi avanzò sulla passerella. Sembrava che le lunghe gambe la anticipassero e, quando si girò per rientrare, il magistrato staccò gli occhi dal monitor con fatica. C’era di che rimanere senza fiato. “Firmerò la sua remissione in libertà – disse – ma dovrà presentarsi quotidianamente in un posto di polizia per la firma. Le indagini non sono concluse”. “Mi fido di lei”. La voce emanava mistero e complicità. Il cuore del magistrato accelerò e, senza farsi notare, riavviò il video. Quando la ragazza si alzò, la vide di spalle nello stesso momento in cui si girava sul palco. Faceva dimenticare la lingerie. Era davanti a lui, vestita, e nel monitor, pressoché nuda. Sperimentò l’intuizione e la rivelazione, una sintesi letale che si insinuò nella sua testa, comunicò con bisogni nascosti e diventò un desiderio.

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Quella notte la sognò. Lei era di spalle, inizialmente assente. La accarezzava e le loro labbra si avvicinavano. Sentiva che la sua pelle si emozionava, abbandonava l’atteggiamento imperturbabile e diventava la creatura più accogliente dell’universo. Il magistrato si svegliò pieno di nostalgia, con la sensazione di tornare dal paradiso. “Ti senti poco bene?” chiese la moglie. “Torno in procura, ho dimenticato di controllare una cosa”. Giunto in ufficio prese il fascicolo, trovò il numero e scrisse un messaggio. L’ho interrogata ieri, questo è il mio numero privato. Vorrei vederla. Sorprendentemente, la riposta arrivò subito. Volentieri, a presto. Domani? Okay. Salvò il numero della donna e tornò a casa con il cuore in festa.

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Conducevo una vita solitaria, quasi sempre in strada, per vigilare su di lei, in attesa del suo ritorno. Qualcosa solleticava i miei sensi di lupo. Avvertivo vibrazioni incontrovertibili: qualcuno la insidiava. Avrei preso le necessarie contromisure. La donna che avevo accanto dormiva un sonno agitato e si riscosse con la gratitudine di chi esce da un cattivo presagio. Cercò conforto in un bacio e atterrò su labbra indifferenti, ma non percepì la mia lontananza.

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Il magistrato andò in ufficio presto, deciso a riprendere in mano il caso. Preso atto dell’alibi, si era convinto che la donna fosse innocente. Lo voleva! Si ricordò di Lupo... quando si era riferita al suo precedente uomo, era sembrata turbata. Decise di controllare il suo traffico telefonico antecedente alla frequentazione con le vittime. Un’idea si sforzava di emergere da una ridda di ipotesi, ma non riuscì a metterla a fuoco. Quando ricevette i tabulati, non ci volle molto a riconoscere un numero ricorrente, diverso da quelli dei tre, e che spariva prima degli omicidi: il numero di Lupo. Lo scrisse su un biglietto che infilò nel portamonete. Era l’indizio da cui sarebbe partito il collega che avrebbe indagato su di lui dal giorno dopo.

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Li avevo seguiti crogiolandomi nell’illusoria sensazione di controllare gli eventi. Entrarono nel bar e si sedettero ad un tavolino a ridosso della vetrina. Parole, sorrisi. Poi si salutarono con due baci sulle guance ed io emisi la sentenza. Lui, con l’aria raggiante di chi ha una speranza, raggiunse l’auto, ad un centinaio di metri dalla mia.

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Ero diventato rapido ed efficace, e non avrei ripetuto l’errore fatto con il primo. Avevo aspettato, credendo che uccidere sarebbe stato difficile, e lui intanto l’aveva conquistata. Un dolore che bruciava ancora. Possibile che non capissero? Nessuno può invadere il territorio di un lupo. I maschi che la insidiavano andavano eliminati. Per lei c’era un unico destino: tornare sulla mia strada. Accarezzai la pistola, come le altre volte e, quando il magistrato partì, mi misi alle sue spalle.

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Dovevi stare alla larga da ciò che non è tuo... dissi, guardandolo morire. Aggiornai l’agenda nera e scrissi alla mia compagna.