Le strade che sognavo

di Giuseppe Piccinelli


Un muro grigio, anzi giallo, che però sarebbe verde, se almeno i miei occhi vedessero i colori come li vedono tutti gli altri.

I colori diversi non sono la mia unica specialità, io sono speciale in tutto, chi mi viene a trovare, deve farlo dentro una tuta sterile, dentro una stanza sterile, i miei giocattoli sono sterilizzati, l’aria è filtrata, il cibo... semplicemente non so cosa sia, a meno che non si intenda per cibo quel liquido che mi iniettano ogni giorno.

Non mi posso muovere da qui, sono il fortunato vincitore di una tombola fatta male, quella che mi ha fatto ammalare di una malattia rara, la ADA.SCID, una forma grave di immunodeficienza che mi impedisce ogni contatto con il mondo esterno.

L’unica cosa che mi accomuna agli altri bambini è quello che riesco a costruire con la mia mente. Io costruisco strade, strade che mi portano a casa.

L’altro giorno sono tornato a casa attraverso un tunnel pieno di luci, sotto ai piedi un tappeto marrone, (rosso per voi). Un’altra volta per tornare a casa ho dovuto attraversare la Foresta Nera, con i suoi alberi gialli, cervi rossi e lupi rosa, attraversavano la mia strada e io a piedi nudi respiravo a pieni polmoni. O come quell’altra volta in cui, tra la mia stanza e la stanza dei miei genitori, c’era l’oceano che ho attraversato cavalcando un delfino, un delfino rosa.

Altre volte attraverso città intere, piene di negozi, di ristoranti e gente che cammina, che mi tocca e mi sorride; a volte mi fermo a fare un giro in altalena, due tiri a basket, ma la cosa che mi piace di più è passare a trovare Laura che ha la mia età e vive in una casa sull’albero con i balconi sempre fioriti. Salgo con una scaletta di corda, mi piace stare con lei a giocare, parlare, fantasticare, e poi continuare per la mia strada.

Oggi però è un giorno speciale, qualcuno ha lasciato la stanza gialla con la porta aperta.

Sì, sono uscito, con il mio pigiamino da Superman, azzurro per voi, viola per me, ho attraversato il corridoio quasi volando, ho preso l’ascensore e adesso sono qui fuori. Gli odori mi colpiscono come dei pugni, le luci, i colori, i rumori sono così forti che mi fanno paura.

La strada è qui davanti a me, non è bella come quelle che ho sempre immaginato, potrei tornare indietro nella sicurezza delle mura sterili e gialle. Ma no, voglio andare avanti, vedere tutto quello che posso, prima di arrivare, di arrivare alla luce bianca che mi aspetta là, in fondo alla strada...