Filippo Rosa

Incubo lungo il fiume


19 Luglio 2021.

Piazzola sul Brenta, Provincia di Padova.

Fiume Brenta.

Ci troviamo come al solito coi ragazzi della compagnia alla piazza del mio paese.

Ci sono tutti, ma proprio tutti tutti, perfino Carlo che tira sempre pacco; non vedevamo l’ora di passare finalmente del tempo insieme senza avere troppi pensieri.

Qualcuno ha la birra, altri i panini, Massimo - il re del campeggio - ha più tende che personalità e Lisa, beh… Lisa basta solo che ci sia.

C’è chi ha portato perfino una griglia portatile, rischiando più di morire per strada che di fame, sia mai!

Si parte, tutti assieme, e come al solito la cosa più divertente di tutte è proprio fare la strada, farci sentire, siamo tutti un po' infantili.

Ma abbiamo 17 anni e a 17 anni uno dovrebbe anche essere libero di fare, appunto, lo sciocco.

La giornata scorre via veloce tra risate, tuffi a bomba, panini con salsiccia; Gigi ha già esagerato con la birra e sta vomitando dietro a dei cespugli.

Io gli ho dato man forte ma si sa che io tengo l’alcool più di tutti.

Il pensiero però più bello di tutti è quello di passare insieme una notte nei boschi che conosciamo a menadito, chi nella tende, chi sulle amache, potendo addirittura guardare le stelle.

Io guardo Lisa e penso che la mia stella ce l’ho già.

Accendiamo un fuoco e ci mettiamo attorno ad esso; Gigi, che si è incredibilmente ripreso, tira fuori la sua mitica chitarra acustica; e partiamo a cantare.

Io e Carlo, neanche a farlo apposta, cantiamo “Fiumi di Parole”, una canzone dei Jalisse che vinsero Sanremo quando noi non eravamo ancora stati programmati; dietro Lisa ed Arianna improvvisano un balletto.

Si ride, si ride tanto ed io non potrei essere più felice di così.

Mi sono mancati i miei amici, è stato un inverno tosto, praticamente sempre in dad e col mio “dad” in isolamento per Covid.

Mi mancava stare con loro a ridere, a parlare di tutto e di niente… e questo fiume ora sembra proprio stare diventando un fiume di parole, risate, abbracci.

Mai avrei pensato che di lì a poco potesse diventare un fiume di paura.

Arriva l’una di notte, qualcuno comincia a prepararsi per andare a dormire, c’è anche chi riesce ancora a fare degli scherzi e a far prendere paura alle ragazze, che urlerebbero per qualsiasi cosa ora come ora.

Massimo, che non è di sicuro capitan coraggio, mi chiede di andare con lui nella boscaglia a fare pipì e io lo prendo in giro; ma comunque lo accompagno.

Ci allontaniamo di qualche decina di metri.

C’è silenzio, non troppa umidità, le zanzare lottano con l’Autan.

Fischietto un motivetto che assomiglia tanto alla sigla di X Files, solo per fare un po' di paura a Massimo, che risponde mandandomi a quel paese.

Dice che così non riesce e si allontana un altro po'.

Io rido sotto i baffi.

Ed è l’ultima volta che lo faccio.

Qualcosa mi abbaglia e mi colpisce all’improvviso, cado a terra, quasi senza senso.

Il tutto si svolge in poche frazioni di secondo.

Sento delle urla soffocate in lontananza ma non riesco a muovermi, sono troppo intontito ancora.

Ho perso anche gli occhiali quindi sarà tutto ancora più complicato.

Passano degli altri, infiniti minuti, il tempo è dilatato quando sei terrorizzato.

Penso a Lisa e spero stia bene.

Piano piano ricomincio a sentire la sensibilità ai piedi, alle gambe, mi tiro su a fatica, e, per come posso, corro verso l’accampamento.

E lì, il sangue, mi si congela.

Dell’accampamento non c’è quasi più nulla, si vede qua e là qualche brandello di tenda, il fuoco che sta per spegnersi.

Non c’è più nulla, non c’è più nessuno.

Non ci sono nemmeno tracce di sangue.

Sento solo l’odore stantio della cenere e in lontananza dei cani che abbaiano.

La mia mente è sicuramente poco lucida.

C’è solo una sensazione che mi attraversa le ossa e mi fa tremare: so che non è ancora finita.

La paura è strana, ti paralizza ma al tempo stesso riversa nelle tue vene quantità inimmaginabili di adrenalina; la avverto, ci prendo quasi confidenza.

I cani sono meno in lontananza, stanno correndo verso di me; devo correre anch’io.

Devo.

Correre.

E inizio, a correre, a più non posso, a perdifiato, le gambe mi si staccano.

Maledetta la volta in cui Massimo ha voluto inoltrarsi così tanto perché così ci sarebbe stata meno umidità.

Il cuore va all’impazzata, non so nemmeno verso quale direzione sto correndo.

So solo che corro, corro, e sento riavvicinarsi il suono del fiume.

Quel fiume dove solo fino a poche ore prima ero felice e beato ora è il set di un film dell’orrore.

Devo guadarlo nella sua parte più bassa se voglio raggiungere la mia moto.

Fa freddo, freddissimo, tutto di colpo.

Inizio questa faticosa operazione ma, pur essendo nel punto più basso, il fiume è forte.

Le gambe sono stanche, io non riesco ad avanzare.

E la corrente mi porta via.

Mi lascio vincere dalla forza di questo maledetto fiume.

Ad un certo punto si materializza davanti a me una cascata gigantesca, che a rigor di logica non c’era mai stata prima.

Io sono esanime, mi metto l'anima in pace, chiudo gli occhi e vedo mamma, papà e Lisa in lontananza.

Sto per cadere in precipizio pieno d’acqua gelida.

E nel momento esatto in cui inizio a cadere, all’improvviso, mi risveglio di colpo.

Non so dove sono, so di essere a pancia sotto, steso su qualcosa di rigido, con le gambe a penzoloni.

Le orecchie iniziano a sentire un rumore simile a quello di uno scooter.

Non riesco ancora a capire nulla.

Sento le voci dei miei amici.

Qualcuno è divertito, qualcun altro preoccupato. Lisa è arrabbiata nera.

E io? Io sono ubriaco fradicio davanti al portone di casa e non riesco nemmeno ad inserire le chiavi nella toppa del portone.

Qualcuno mi fa anche un video, che verrà usato per sempre contro di me d’ora in poi.

Sento Carlo, Gigi e Massimo che mi portano di peso a letto, chiudono casa e attaccano perfino l’allarme.

Lisa mi saluta con un “Ti amo cretino”.

E io sprofondo in un hangover senza precedenti e mi riprometto che non berrò mai più mezza goccia di alcool in vita mia.

Fino alla prossima volta.