Margherita Zoni

Soliloquio a due voci


28 luglio maledetto, questo giorno è arrivato. Eppure non vedevo l’ora, e nello stesso tempo allontanavo da me quest’idea disgustosa e devastante: ricoverare Ludo in un centro.

Della disabilità parlano tutti, e a vanvera. Nessuno sa cosa sia, finchè non entra in casa.

Il senso di fallimento, angoscia, paura, che permane sulla pelle come un bagnoschiuma che non si sciacqua più, per un figlio che non puoi più gestire, anche se hai fatto tutto quello che potevi, ma quello che potevi non basta. Non redime, non migliora, non cambia.

Nessuno c’è stato, per noi, in questi anni. La scuola si è rifiutata, l’Ulss non ha mai soldi, il comune non ha soldi, gli educatori non vengono a  casa perché “non sono assicurati”.

Parlano, i vari ministri.

Mi fanno schifo. Attenzione alla privacy ma padri e madri abbandoniamoli alle loro sfighe.

Ho dovuto lasciare mio figlio ai parenti, per non perdere il lavoro, e la madre ha perso quindici anni di contributi, a part time, per accudirlo.

Ci sono stato nei rimasugli di tempo, ci sono stato in lock down, ma io non basto. Lui deve “essere socialmente accettabile”, anche  quando io non ci sarò più. Non deve ricattarci, picchiarci, andare in crisi, spaccare tutto. Deve essere felice, ridere, stare coi pari, e non con quattro vecchi che si fanno fare di tutto purchè non vada in crisi.

Lui non ci farà più scrivere centinaia di fogli tutti i giorni con tutti i nomi dei cani che esistono, e deve capire che i cani non arriveranno mai a casa. Non deve accumulare centinaia di telefonini, perché io non ce la faccio più a portare 20 kg di telefoni su e giù per le case dove io e la mia ex viviamo.

Lui deve saper gestire le sue ossessioni e compulsioni.

Lui non si alzerà più a mangiare di nascosto. Potrò dormire finalmente senza la paura di trovare frigo e dispensa vuoti e correre in bagno per le sue diarree da troppo cibo.

Dio mio… potrò dormire! Dopo anni, potrò dormire!

Mio figlio sarà lì dentro ed io potrò dormire.

No! Non posso accettare di dormire a questo prezzo. Chi sono io? Cosa sono io?

La macchina va. Lui è accanto a me, la testa che ciondola sul petto. Con le bombe che prende, anche quando cammina non è bene assestato. Lì, forse gli daranno meno farmaci, l’obiettivo è anche questo, che stia calmo anche senza tutta quella roba.

Stiamo tutti in silenzio, non c’è nulla di sensato da dire. Lui è contento di andare a Rimini. Andrà al mare, ci sono gli animali, un orto. E soprattutto ci sono persone specializzate e speciali, che penseranno a lui per ventiquattro ore al giorno.

Ci sono persone più brave di me, di noi, che lo abbiamo messo al mondo.

Guardo sua madre, nello specchietto retrovisore. È seria, bocca all’ingiù. La Marghe tace, sa che se parla mi incazzo, perché non ci sono frasi utili.

Sappiamo entrambi che dobbiamo farlo, che è arrivato quel momento tanto temuto, quella decisione non più procrastinabile, che cambierà la sua e le nostre vite.

Non vedo l’ora che questa giornata finisca, ma devo ancora arrivare, parcheggiare, prendere le valigie, varcare le porte.

E tornare indietro senza lui, senza le valigie.

Dovrò sembrare felice, per aiutarlo, reggere. Anche questo, non lo dicono in televisione, che disabilità è anche questo.

Sento la bocca arida, secca, chiusa come un convento. Lui fa uno sforzo più grande, una fatica più grande, crescere senza me, senza noi. Lo rivedrò uomo fatto.

Ed io, col cazzo che fumo ancora amore mio. Tu starai lì a combattere per imparare ed io, almeno questo lo devo fare, smettere di fumare.

Non ti vedrò più arrivare dalla casa della mamma con la tua borsetta con dentro le piccole cose che fanno il tragitto fra le nostre abitazioni: due magliette, i farmaci, un capellino.

Non sentirò più i tuoi passi sul ghiaino, né mi apparirà fra le colonne la testa che scuoti camminando.

E questi non mi mancheranno amore mio. Lo penso ma non te lo dirò mai.

Non avrò più lividi, e nemmeno tua madre.

Dormirò, dormiremo entrambi, la notte intera.

E tutto sarà ancora quel che deve essere, ma senza te.


Vado a Rimini, li ci sono i cani che mi aspettano, gliel’ho detto due mesi fa, di tenermi i cani che arrivo. C’è anche un pony, e  le galline.

Anche a casa ho le galline, Paola è la mia preferita, quella rossa.

Mi hanno detto che faremo delle attività, che andremo al mare a camminare, che potrò stare anche coi cani.

Lì, mangerò in mensa.

Chissà quante cose buone da mangiare!

Ogni tanto mi daranno un dolce e la pizza! La pizza più buona è da Pino.

Avrò tutti i cani che voglio, tutti i cani del mondo, anche quelli morti e sepolti.

E il nonno comprerà tutti i cani, perché gliel’ho detto.

In mensa mangerò tanto, quanto voglio.

Però non posso sentire mamma e papà, per un po', neanche al telefono.

Bè, tanto se voglio torno a casa.

Il papà è preoccupato per me. Perché? E’ triste, dice che gli mancherò. Anche a me mancherà, forse. Ma mi manderanno tutti i cani.

E farò tanti bagni.

La pizza di Pino è la più buona.

Ora sono grande, vado a Rimini e dovrò imparare a stare da solo.

Tutti tutti tutti i cani. I cani. I cani. I cani. Gliel’ho detto al nonno che deve prendere tutti i cani.

Devo andare a lavorare col trattore, mi aspettano.

“Chi ti aspetta Ludo?”

“I bambini, i bambini mi aspettano!”

“Papà?”

“Eh.”

“Ma Rimini è lontana? Quando arriviamo, quanto manca?”

“Eh si Ludo, è lontana parecchio, manca ancora.”

“Erano belli i San Bernardo ieri sera vero?”

“Si erano belli.”

“Ditelo tutti tre volte, tutti, tutti, ditelo tre volte.”

“Erano belli i San Bernardo ieri sera.”

“Erano belli i San Bernardo ieri sera.”

“Erano belli i San Bernardo ieri sera.”

“Sai al nonno gli ho detto di comperare tutti i cani, tutti. Tutti. Tutti.”

“Ho capito Ludo, va bene.”

“Dillo tre volte, dillo, dai dillo!”

“Il nonno compera tutti i cani, il nonno compera tutti i cani, il nonno compera tutti i cani.”

“Ok mamma, dillo tre volte”.

“Il nonno compera tutti i cani, il nonno compera tutti i cani, il nonno compera tutti i cani.”

“Ok Marghe, dillo tre volte.”

Il nonno compera tutti i cani, il nonno compera tutti i cani, il nonno compera tutti i cani.”

“Ok papà, puoi dirlo altre tre volte?”

“No!!! Basta adesso!”

“Ok”. E’ incazzato. Papà si incazza.

Appena arrivo a Rimini chiedo dei fogli: mi devono scrivere tutti i cani.

A mezzogiorno si mangia, pizzetta o taralli me li devono dare prima di pranzo.

Devo fare una camminata con lo zio sulla Resterà, dopo il sonnellino.

Poi stasera dalla mamma c’è il pesce.

“Ludo… stasera non vieni a casa, sei a Rimini tesoro. Non puoi venire a casa, ti ricordi vero?”

“Ah si. Si lo so, ho capito.”

“Lo faccio per stare meglio vero mamma?”

“Si amore si.”

“Ormai sono grande vero? Ci saranno dei ragazzi come me vero?”

“Si, ci saranno e sarà belo avere degli amici, tu aiuterai loro e loro aiuteranno te, Ludo. Funziona così fra amici.” Dice la Marghe.

“Eh si, ormai sei un ometto, sei grande ormai, devi imparare a stare anche da solo Ludo.” Dice papà.

Si asciuga una lacrima con la mano.

Il nonno compera tutti i cani.

I San Bernardo erano proprio belli.

La pizza di Pino è la migliore.

A Rimini avrò tutti i cani che voglio.

Farò il bagno.

Ho sonno adesso.